EF Magazine

Umanesimo e innovazione

A scuola, il futuro dell’hi tech
6 Marzo 2018
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2 min. di lettura

La formazione e il futuro dell’istruzione sono da sempre due temi al centro del dibattito politico (e non) del nostro Paese. Investire nella scuola, in una “buona scuola”, che sappia coniugare metodo, competenze tecnico-scientifiche e che possa, anche, fornire un ricco bagaglio culturale, un’esigenza e un traino per il futuro. Sullo sfondo, un’antica questione: può la formazione umanistica essere un modello ancora valido? Può ancora fare la differenza in un mondo del lavoro oggi più tech oriented? In molti accusano l’impossibilità del mercato del lavoro di assorbire laureati in materie umanistiche. Altri sono fermamente convinti del contrario. Qualche risposta arriva proprio dall’Italia. Il “Museo archeologico nazionale” di Napoli, per esempio, ha coinvolto un archeologo per realizzare un videogioco online che ha consentito di aumentare di qualche migliaia il numero di visitatori. Un gruppo di archeologi dell’Università di Padova ha lavorato a fianco del tribunale per una perizia tecnica su una barriera al porto di Civitavecchia. Ancora, l’Istituto per gli Studi storici ha organizzato una serie di seminari con la facoltà di ingegneria dell’Università Federico II. Il tema: discutere su crescita e innovazione.

Esempi, pochi, che sembrano però confermare un trend dove sapere umanistico e competenze tecnologiche convivono e convergono verso un’unica direzione. Ovvero, una formazione più fluida, una sinergia tra i due mondi.

Siamo lontani dal dire che il latino o il greco siano due asset vincenti sul curriculum di uno studente. Ma siamo consapevoli che, ancora una volta, la scuola e l’università si ritroveranno a ricoprire un ruolo determinante per il futuro. Su più fronti. Il primo: quello dell’abbandono scolastico e dell’errata convinzione che una buona formazione non sia requisito imprescindibile per trovare lavoro. Il secondo: quello di costruire un valido sistema di alternanza scuola-lavoro che non sacrifichi un’istruzione completa a discapito di un’occupazione poco formativa e gratificante. Vedi alla voce: lavoretto estivo al bar. Il terzo: individuare percorsi formativi inclusivi che possano competere con gli standard europei. E che possano formare le nuove generazioni, senza rinunciare alla lettura dei classici. Partiamo da qui.