EF Magazine

Auto che si guidano da sole

Come cambiano le città
20 Dicembre 2017
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3 min. di lettura

Casa-Lavoro. Lavoro-Casa. Il mantra quotidiano moderno. Un tragitto che ormai conoscete a memoria. Se chiudete gli occhi un attimo sareste persino capaci di visualizzare quanti dossi, attraversamenti pedonali e semafori ci sono su quel tratto di strada che un po’ considerate come vostro.

Accendete il motore della vostra auto e partite. La radio, accesa per farvi compagnia, passa la canzone che vi piace tanto. Scatta il rosso. Qualche momento per guardarvi intorno. Il vicino che passeggia con il cane. Un gruppo di ragazzi che torna da scuola. Uno sguardo allo specchietto retrovisore prima che il verde del semaforo si riaccenda. Scatta il verde e ripartite. Troppo di fretta per non tamponare l’auto che vi precede. “Non si preoccupi, tutto ok, può capitare” vi risponde sereno l’altro automobilista affacciandosi dal finestrino. State già prendendo il modulo per la constatazione amichevole, quando con un gesto tra il bonario e il dispiaciuto… “Vorrei, ma non sono io a guidare. Vede?” E vi mostra le mani, solo leggermente appoggiate al volante dell’auto. “Sono solo un semplice operatore”.

Suona strano quando si parla di automobili, ma è quello che siamo: operatori. Non autisti, non piloti, tanto meno guidatori. Siamo persone che dicono a un computer cosa fare, e lasciano che sia il computer a svolgere il lavoro. Sia pure guidare.

Auto robot. Auto autonome. Auto a guida automatica. I nomi, ancora per poco, sono molteplici. La realtà sempre la stessa: l’essere umano è seduto al posto di guida, ma a guidare è un software. Chi siede al volante potrebbe pure tenere le mani distese sulle gambe. A guidare il veicolo è una sorta di radar, installato sopra la macchina, in grado di scandagliare in tempo reale e a 360° l’ambiente circostante. Sul monitor dell’auto, come fosse quello di un navigatore, si può controllare la strada e modificare il tragitto. Ostacoli e altre auto vengono segnalate in rosso, il colore del pericolo.

Negli Stati Uniti la sperimentazione delle auto autonome è in fase molto avanzata. Pur con differenze tra Stato e Stato, i test con auto senza guidatore vengono stabilmente condotti in Texas, Arizona, Washington e California. In quest’ultimo Stato, già dal 2009. Un business nel quale hanno deciso di investire aziende come Apple, Google, Uber e Tesla, spesso (a parte quest’ultima che produttrice di auto lo è), in partnership con case automobilistiche. Anche l’Italia si sta muovendo. All’interno del decreto Smart Roads il Ministero delle Infrastrutture ha previsto l’autorizzazione alla sperimentazione della auto a guida autonoma sulle strade pubbliche (autostrade comprese), previa autorizzazione del Ministero stesso e del via libero dei gestori delle strade.

Quello che ci aspetta è una rivoluzione che toccherà vari aspetti della vita quotidiana e delle nostre abitudini.

Le driverless car, per usare il termine americano, diventeranno un servizio pubblico. Non avremo più un’auto di proprietà. Anzi. Possedere un’auto di proprietà diventerà un lusso. Per spostarci da un posto all’altro basterà prenotare, tramite un app dello smartphone, un’auto e indicare dove vogliamo andare. Giusto nel momento in cui ne abbiamo bisogno. La macchina verrà a prenderci direttamente dove siamo. E una volta condotti a destinazione, se ne andrà. Un po’ come i servizi di car sharing, precursori del fenomeno. Mai più problemi di parcheggio. Un fatto non da poco se è vero quello che dicono alcuni studi secondi i quali, in media, le auto private passano il 95% del loro tempo parcheggiate. Senza contare i vantaggi per le persone con scarsa mobilità: anziani e persone con disabilità, fisica o motoria, potranno (ri)conquistare autonomia e indipendenza.