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A Prato la moda è green

La tradizione tessile eco-sostenibile
17 Novembre 2017
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3 min. di lettura

Questo è un esperimento sulla vostra capacità di immaginazione. Rispondete a bruciapelo a questa domanda: di che colore è la lana? “Bianca, senza dubbio”. “Sì, ma in alcuni casi tendente all’avorio”. “Grigia se ancora grezza”. “Marrone, se non lavata bene”. “Quando è molto sporca, vira al nero”.

Le vostre risposte sono tutte giuste. Eppure, tutte sbagliate. La lana è verde. A Prato, soprattutto.

Non poteva essere diversamente, perché è qui che l’industria tessile è da secoli traino dell’economia locale e nazionale, e dove la lavorazione della lana cardata rigenerata ha fatto la fortuna del territorio, riutilizzando scarti e avanzi, a salvaguardia dell’ambiente.

Questa storica tradizione, eco-sostenibile per vocazione, negli ultimi anni ha fatto un ulteriore passo in avanti verso una policy sempre più green: grazie all’impegno di un gruppo di aziende del distretto tessile pratese, a Confindustria Toscana Nord e a Greenpeace.

Nell’estate del 2016 un gruppo di aziende tessili di Prato decide di aderire alla campagna di Greenpeace “Detox”: l’obiettivo dell’associazione ambientalista è di ridurre progressivamente, fino ad azzerare, una lunga lista di sostanze tossiche e inquinanti, per la salute e l’ambiente, presenti nella filiera produttiva tessile. Entro il 2020. Non è un caso che Greenpeace abbia deciso di coinvolgere il distretto pratese per dare gambe al progetto detox: quello di Prato è il distretto tessile più grande d’Europa, con 6.550 imprese, 33.260 addetti e un fatturato annuo superiore ai 4,5 miliardi di euro. Le aziende pratesi si sono riunite nel Consorzio Italiano Implementazione Detox (Cid) attraverso il comune percorso di distretto guidato da Confindustria Toscana Nord.

“Il Cid si occupa di tutte le attività di coordinamento, guida e supporto per le aziende impegnate negli obiettivi detox - spiega Andrea Cavicchi, presidente di Confindustria Toscana Nord - Grazie alla collaborazione con BuzziLab, uno dei migliori laboratori di analisi in ambito tessile e non solo, il consorzio effettua indagini analitiche al fine di accrescere la conoscenza dei livelli di contaminazione presenti nei processi tessili. Effettuare questo tipo di indagini in maniera consortile - continua il numero uno dell’associazione degli industriali - E’ l’unica strada che le piccole e medie imprese della filiera del tessile-abbigliamento hanno per dare una risposta coerente e consapevole alle richieste di sicurezza chimica dei loro clienti”.

Ad oggi, il Consorzio Italiano Implementazione Detox conta 30 aziende, tutte con uno scopo comune: riportare i grandi brand della moda ad affidarsi alla certezza di una filiera Made in Italy di qualità, sicura per l’uomo e l’ambiente.

“Abbiamo accolto questa sfida perché lo dobbiamo a noi stessi e a coloro che verranno dopo di noi - spiega Gianluca Bruni di Manifattura Ilaria - Come azienda siamo orgogliosi di aver intrapreso questo percorso, nonostante la diffidenza di molti colleghi. L’impegno che abbiamo davanti è grande, ma allo stesso tempo gratificante”.

Le aziende del Cid mettono sul piatto una nuova e più forte consapevolezza ambientale, consce del fatto che la conversione del proprio sistema produttivo in chiave detox non è solo una necessità competitiva ma anche, e soprattutto, etica.

“Abbiamo aderito al protocollo detox consapevoli, a livello aziendale e personale, di dover cercare di mettere in atto buone pratiche, per il nostro ambiente e per i nostri clienti - afferma Chiara Lucchesi di Industria Italiana Filati - Entrare nel Cid è stato dunque un percorso inevitabile, e sono sicura rappresenterà una carta vincente”.

Vincente perché i grandi marchi dell’abbigliamento possono affidarsi, chiavi in mano, a una filiera produttiva completa, totalmente in linea con i dettami detox.

“Questo percorso consortile ha sicuramente ampliato la platea dei nostri clienti - spiega Francesco Marini di Marini Industrie - Aderire a un progetto di Greenpeace, inoltre, ha senza dubbio attirato l’attenzione di molti brand. Lavorare in chiave detox e green dà appetibilità al prodotto, creando un valore aggiunto determinante per stare sul mercato”.

Un mercato dove fare la differenza, stante l’ultra e spesso sleale concorrenza, è sempre più difficile e oneroso.

“Perseguire la sostenibilità a tutto tondo è sempre più essenziale - afferma Gabriele Paoletti di Daykem - Il mercato però sta riconoscendo lo sforzo che stiamo facendo, e noi siamo orgogliosi di questa scelta. Far parte del Consorzio Italiano Implementazione Detox è per noi occasione di crescita e di formazione”.

Aziende come quelle del Cid dimostrano ogni giorno che una moda pulita ed eco-sostenibile è possibile. Ci vuole impegno, tempo e passione. Si tratta, infatti, di una scelta complessa. Dietro alla green fashion c’è un lavoro costante, che coinvolge tutta la filiera, dai fornitori alle lavorazioni intermedie, fino al prodotto finito.

Forse ci vuole un po’ di immaginazione per pensare a un gomitolo di lana di colore verde. Ma basta la realtà del Consorzio Italiano Implementazione Detox a ricordare che un capo di abbigliamento Made in Italy di qualità, sicuro ed etico, è possibile. E tangibile. Tanto quanto la maglia che state indossando in questo momento.